Isolitudine

Si può sempre pensare, immaginare, scegliere di andare oltre.
Davanti al mare no.
Davanti al mare ti fermi.
Davanti al mare, ad un certo punto, ti ritiri e torni indietro.

É un progetto curato dall’Associazione OrdinariMai APS.

Stimolato dalle riflessioni e dalla ricerca personale svolta negli anni da Marco Ceraglia, ISOLITUDINE è un progetto di indagine sull’identità del Popolo Sardo a partire dalla condizione di insularità (e quindi comune a tutti gli Isolani) e sulle sfumature che accompagnano le condizioni di vita, i tratti caratteristici e le contraddizioni di un’isola che ospita, protegge e – a tratti – imprigiona.

ISOLITUDINE risale a diversi anni fa’ mentre –immerso tra  fantasie e angosce varie– progettavo scenari possibili per identificarmi e riposarmi a riprendere fiato nella comodità di una qualche certezza.

 

Eravamo lontani dal potere dell’informazione – e dalla costante distrazione – donataci da web, social e tecnologie varie. Guidavo, dominato da un senso di irrequieta solitudine che animava le mie riflessioni. Guidavo, senza una meta. Forse. Guidavo e indagavo i miei pensieri, senza una domanda precisa. Fu una semplice visione a farmi sobbalzare e – lo ricordo bene – sorridere.

Il Mare.

Ecco il punto, la linea discriminante! Io vivo su un’isola, io penso, lavoro, mi muovo, immagino, creo, dormo e mangio, su un’isola. Intorno a me cé il mare, per quanto giri, per quanto possa avanzare a zigzag prima o poi mi dovrò fermare perché davanti a me si presenterà il mare. Bello, brutto, tranquillo o minaccioso ma sempre e comunque invalicabile. Sì perché a pensarci bene persino le montagne più alte sono valicabili (lo dice anche Raiz degli Almamegretta nel suo brano “Figli di Annibale” di come Annibale, grande condottiero nero, fece attraversare le Alpi a 90.000 uomini africani con gli elefanti per sconfiggere i romani) e si può pensare, immaginare di proseguire e andare oltre. Davanti al mare no, davanti al mare ti fermi, davanti al mare a un certo punto ti ritiri e torni indietro. E la tua può essere un’isola grande, piccola o piccolissima, il senso è lo stesso.

Sei isolato. Sei isolato e, in effetti, in solitudine.

L'uso pressoché inesistente – evidenziato dalle ricerche fatte – mi tentò verso una pretesa di "attribuzione di paternità" della locuzione. In effetti, quando dieci anni fa - tentando di dare forma ad uno stato di inquietudine che mi dominava - il termine Isolitudine si affacciò, in pancia più che nella testa, pensai di avere coniato un neologismo; e per molti anni pensai davvero che fosse così.

Nel 2018, cominciando a dare forma di progetto a questa sensazione, scoprii dal web il vero padre del neologismo: lo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino. Era il 1981 quando, nel suo romanzo “La diceria dell’Untore”, usò per la prima volta il temine “ISOLITUDINE” per descrivere cose della sua Sicilia.

Nel 2011, due studiose cagliaritane Paola Pittalis e Laura Fortini davano ai tipi un volume dal titolo “Isolitudine” (ricerca sul rapporto tra scrittori Sardi e letteratura in Italia); seguite nel 2019 dallo scrittore Massimo Onofri col suo atlante letterario delle Isole e dei Mari “Isolitudini”. Nulla più.

La Sardegna, terra antichissima – tra le più antiche del continente europeo -, come molte regioni d’Italia e del mondo può vantare la propria unicità e originalità. E porta però in se, dettaglio decisamente meno diffuso, la condizione di essere un’isola.

 

Terra di centenari e culla internazionale della longevità, la nostra isola è, da sempre, una terra ampiamente desiderata per vacanze, stile di vita e “buon retiro”, gode di una particolare posizione nel bacino del Mediterraneo che le consente di essere moderna e attuale, inserita in un contesto attivo  e sottoposta a tutti i movimenti relativi alla globalizzazione.

La riflessione continua e và avanti fino a concretizzarsi in un pensiero: gli isolani –quale che sia l’isola in questione– e in particolare i “nativi isolani”sono diversi dagli altri, da quelli della “terra ferma”, del “continente”. Non migliori o peggiori (gravissimo errore stilare graduatorie in merito) ma diversi, profondamente diversi.

Questo isolamento fisico, logistico, sensoriale permea la vita di tutti sull’isola e lo fa da millenni; rappresenta la più classica situazione di rovescio della medaglia: se da una parte siamo isolati dalle modernità e dai vantaggi della continuità territoriale, dall’altra siamo protetti dalle variazioni  che velocemente si propagano sulla terraferma.

Chi la abita, chi la vive e la osserva con consapevolezza, vi riconosce anche una regione vittima di mire speculative, devastata dalle servitù militari e da investitori industriali senza scrupoli, che viaggiano in ogni dove inseguendo facili guadagni.

 

L’isolamento fisico, logistico e sensoriale che permea da millenni la vita di tutti noi rappresenta la più classica situazione di rovescio della medaglia: se da una parte siamo (o siamo stati) isolati dalle modernità e  dai vantaggi della continuità territoriale, dall’altra siamo stati protetti da variazioni e mutamenti che velocemente si propagano sulla terraferma.

 

Per chi vive in Sardegna, o vive nella condizione di isolano, è facile notare come ci sia (ci sia stato) un gap temporale su questo territorio che – almeno prima dell’imponente spinta della globalizzazione – ha rallentato di uno, due anni l’arrivo delle novità buone così come delle crisi.

 

Negli anni ho conosciuto davvero tante persone e tante situazioni diverse, girato per e attraverso la nostra Isola in lungo e largo diventando a volte attore a volte testimone di situazioni, eventi, circostanze estremamente eterogenee. E’ rimettendo assieme i fili di questi ricordi ed esperienze che si fà largo questa consapevolezza questo concetto che ho chiamato “ISOLITUDINE”. Il limite del mare davanti a noi stessi con la sua cintura, sorta di “mura” invalicabili, permea dalla notte dei tempi il nostro inconscio, e anche quello collettivo. Come il liquido amniotico che contemporaneamente nutre e consente la vita di un feto, piccola ed esclusiva isola dell’universo femminino.

Le cellule del nostro corpo del nostro cervello e più ancora della nostra Anima analizzano in maniera assolutamente inconsapevole che abbastanza velocemente arrivi lì, al confine d’acqua… e allora devi prendere delle decisioni, ci devi fare i conti. Fai un giro, cambi strada, allunghi il tragitto ma poi…arrivi di nuovo al punto: acqua, mare, isola, isolamento, solitudine.

Ho realizzato che a causa di ISOLITUDINE ci siamo non di rado percepiti inferiori, retrogradi, non sufficientemente sviluppati, non autonomi e bisognosi, raramente all’altezza di “quelli del continente”. E qualcosa di vero c’è nel senso che la condizione logistica e strutturale di un’isola porta certamente ad alcune mancanze e a difficoltà varie ma quello che a me preme indagare, ciò che mi affascina, è il sentire profondo e inconscio di questa condizione che ho definito diversa e originale  rispetto a una “normalità” vigente sulla terraferma.

Mi piacerebbe che ci si soffermasse sugli aspetti positivi di questa condizione, sul buono che ne deriva, a come spesso si risponda creativamente e con successo a questa consapevolezza. O forse no, a come altre volte semplicemente si subisce.

 

Il Mare. Linea di confine a carattere variabile

Ricordo con un sorriso un adagio che spesso ci veniva rivolto (a me e ai miei compagni durante gli anni di ricerca personale) da un importante maestro: Norberto Silva Itza psicoterapeuta e grande poeta e artista Uruguaiano che amava profondamente la nostra terra, che quando ogni tanto ci si ”impantanava” in una difficoltà soleva dire – con un che  di rimproverante – che noi Sardi applicavamo la formula ammantata di fatalità : “vabbè, ma alla fine per mal che vada c’è il mare” (e ognuno la metta come vuole o sa).

La proposta diffusa da OrdinariMai rappresenta un invito a prodursi in speculazioni filosofiche e fattuali indotte dalla suggestione di questo neologismo.

I protagonisti saranno artisti reclutati – e ancora cercati – in tutta l’Isola: fotografi, filmaker, scultori, artisti visuali. Ma anche accademici come: studiosi, giornalisti e liberi pensatori, chiamati a creare un’opera specifica, uno scritto, un elaborato, un contributo che possa rendere testimonianza del proprio sentire riguardo l’esperienza o il concetto di Isolitudine.  Ci domandiamo, oltre noi, come l’Isola (le Isole) siano vissute, respirate, subite. O apprezzate. Incuriosisce e arricchisce ogni sfumatura di cosa possa generare “Isolitudine”. Di come si possa rendere evidente in cosa e perché siamo diversi da chi vive sul continente.