Ecce Homo. Come si diventa ciò che si è.
Irresistibile la tentazione di prendere in prestito il pensiero di Friedrich Nietzsche per rendere con una sola locuzione l’idea portante di questo progetto.
Fotografare tutti gli abitanti di una comunità vittima del devastante fenomeno dello spopolamento a casa loro, nella loro espressione di vita quotidiana, nella propria locale intimità.
Tutti, giovani, anziani, vecchi e bambini, facendo riferimento all’elenco ufficiale dell’anagrafe.
Sarebbe davvero significativo riproporre 70 anni dopo la bellissima ricerca frutto dello spunto creativo di Cesare Zavattini affidata alla maestria fotografica di Paul Strand nota con il titolo:”Un Paese”, una indagine di quel tipo alla luce del III millennio e i suoi cambi di paradigma.
Tra il 1952 e il 1954 venne preso in esame dai due autori con l’idea di fornirne uno spaccato iconografico (lavoro divenuto poi famoso e apprezzato a livello internazionale) il piccolo e operoso paese natale di Cesare Zavattini: Luzzara.
Cambiando millennio e regione, proponiamo di prendere in considerazione coinvolgendolo in una azione d’arte partecipata, il paesino di Giave (Sardegna nord ovest territorio del Mejlogu) uno dei tanti piccoli centri dell’entroterra sardo con i suoi attuali 492 iscritti all’anagrafe alle prese con la piaga dello spopolamento.
Come azione creativa e di rimando a questa forza centrifuga che sembra allontanare le persone dal proprio suolo natio, dalla casa d’origine, lì da dove tutto è iniziato, proporremo a ciascun abitante, ciascun residente di farsi fotografare, di donare la propria esperienza, di rendersi icona del suo luogo. Ci piace pensare di rendere testimonianza di queste presenze nella loro luce, nel loro posto, nel loro tempo, in un “qui e ora” identitario e di proprietà.
Donare un proprio ritratto autonomo che renda testimonianza e vita al proprio essere lì. In controtendenza dunque ma con una scelta cosciente e lucidamente determinata. Aderire a questo progetto con la precisa volontà di dichiarare la propria ferma intenzione di non arrendersi, di non cedere a questa spinta globalizzante e alienante.
L’idea di “adottare/farci adottare” da una comunità, entrando di casa in casa per documentare fotograficamente con un ritratto ciascun abitante, ciascuno residente, nel proprio ambiente, nella proprio spazio, restituendo una fotografia come uno spaccato di vita reale di quella comunità, si inserisce perfettamente come proseguo del lavoro agito come strumento di contrasto al fenomeno dello spopolamento, e come esempio di azione artistica partecipata, iniziato con l’azione/performance di Banari (2018/2019): “Il Ritratto Di Gruppo Più Grande Del Mondo”.
Piuttosto che riuniti e posti tutti assieme in una piazza, su un set, come accadde a Banari (piccolo centro di circa 600 anime nel comune di Sassari) adesso sarebbe estremamente sign ificativo fotografarli uno per uno con l’idea di creare questo gigantesco puzzle fatto di occhi, espressioni, anime, corpi. Come un lavoro di ingrandimento: passo dalla piazza col suo paese riunito, mi avvicino e creo un “esploso” riprendendo gli abitanti uno a uno, occhio per occhio, storia dopo storia.
Il lavoro verrà completato da una documentazione a mezzo video per la realizzazione di un docufilm sull’impresa, dalla pubblicazione di un volume che racconti il progetto con contributi provenienti dal mondo accademico e culturale, da una serie di poster 6x3mt su alluminio di-Bond da installare in paese come originale “cartello di benvenuto” ma anche come personale/collettiva dichiarazione di appartenenza e resilienza.